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Per essere, in qualche misura almeno, socialisti.

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Per essere, in qualche misura almeno, socialisti.

L’aporia in cui si sono infilati i paesi dell’Unione europea è la seguente: o avanzare verso un rapido trasferimento di sovranità, dovendo però tradurre questo movimento in termini democratici, e cioè rimettendolo ad un popolo europeo di cui al momento non è facile vedere il profilo politico-giuridico; oppure puntare al recupero della piena sovranità nazionale, dovendo però in qualche modo sciogliere o almeno allentare i molti vincoli imposti dalla costruzione europea. La crisi sembra avvicinare il momento della scelta: o il federalismo europeo, gli Stati Uniti di Europa; oppure una sorta di ripiegamento difensivo entro i confini nazionali.

L’aporia non sta però nel fatto che si disegna qui un dilemma, ma nel carattere prevalentemente retorico di entrambi i termini da cui il dilemma è formato. Ciò non vuol dire che non possa avere un significato politico collocarsi rispetto ad essi: è quello che anzi sempre più spesso accade, per quanto lontani siano quei termini dall’orizzonte politico più ravvicinato. Cionondimeno rimane la distanza fra le rispettive retoriche e lo stato delle cose presente.

L’opzione federalista, che rimane quella largamente prevalente presso le élites europee, e dunque nelle dichiarazioni ufficiali, rischia di rivelarsi mera retorica perché, nei fatti, sussiste oggi una profonda spaccatura fra centro e periferia del sistema, che ben difficilmente può essere rimarginata con gli strumenti dell’ingegneria istituzionale. D’altra parte, l’opzione concorrente, il rincantucciarsi entro i confini dello Stato-Nazione, dovrebbe passare attraverso non una, ma due o tre crune dell’ago. La prima è rappresentata dalla fitta trama giuridico-istituzionale, burocratica ed economica che tiene ormai assieme i paesi europei e che non può essere facilmente strappata o eliminata. L’incertezza circa il corso e l’esito della Brexit lo dimostra, tanto più che riguarda un Paese che non ha adottato l’euro e che, per giunta, ha sempre cercato di mantenere un piede lontano dal continente. La seconda è rappresentata dal ridimensionamento sul piano geo-politico internazionale che conseguirebbe ad una simile scelta di arretramento dentro gli spazi nazionali. La terza è rappresentata dai contraccolpi che la fine dell’euro potrebbe avere sulla fisionomia delle stesse entità statali, perché non è detto affatto che si manterrebbero tal quali: potrebbe anzi verificarsi spinte di tipo centrifugo, regionalista e autonomista, ma anche bruschi contraccolpi autoritari. Tutto ciò, al netto dei vantaggi o degli svantaggi strettamente economici che l’opzione ‘nazionalista’ presenterebbe, effetti, questi, che paiono però legati piuttosto alla eventualità di un cambio di paradigma economico, che non al formato nazionale o sovranazionale delle politiche. 

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Pubblicato da : Massimo Adinolfi

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