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OLTRE LA MANO INVISIBILE DIGITALE: RIPENSARE LA RETE PER UNA SOCIETA’ GIUSTA

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OLTRE LA MANO INVISIBILE DIGITALE: RIPENSARE LA RETE PER UNA SOCIETA’ GIUSTA

SOPRAVVIVERE ALL’ECONOMIA DELL’ATTENZIONE

Nel 1895, nel suo testo Psychologie des foules [1] Gustave Le Bon sosteneva che non appena le persone diventano anonime all'interno della folla perdono il loro senso di identità, la loro capacità di giudizio e quindi accettano acriticamente qualsiasi idea ed emozione passeggera. Non ha senso attrarli con argomenti ragionati, il contenuto diventa quasi irrilevante. Ciò che conta è come si esprimono le cose: chiarire, rendere semplice e dirlo ripetutamente. Finché queste regole vengono rispettate, la massa può essere guidata in quasi tutte le direzioni.

Noi oggi siamo costantemente anonimi nella massa e allo stesso tempo incredibilmente soli. Viviamo perennemente nella piazza digitale, sempre nella folla, ma sempre soli perché a questa piazza accediamo tramite una postazione singola, un device singolo, non si accede insieme ad altri ai social media.

L’emotional sharing, la condivisione emotiva dei contenuti, si impone sul diritto alla riservatezza: l’io è il contenuto e il disvelamento del sé digitale è la prassi. Il torrente continuo di informazioni scivola ormai sui sempre-connessi che vivono tra uno stato di narcosi e l’iper-eccitazione chimica dello stimolo a competere. Da questo punto di vista, Facebook si inserisce a pieno titolo nella grande saga della costruzione della soggettività, Google in quella della costruzione di gabbie gnoseologiche e di gestione della percezione; entrambe caratterizzano in modo essenziale la contemporaneità.

Allo smart power degli ambienti transmediali che tendono a manipolare e gestire la percezione della realtà, l’individuo tende a reagire e comincia a formare una forma di ipersensibilità, seppur non ancora del tutto espressa, che pone in discussione la fiducia e la credibilità delle fonti informative ma è condizionata dal proprio echo chamber e dall’influenza delle proprie reti omofiliache.

Siamo dunque di fronte ad un nuovo paradigma di soggettività biomediatica, un individuo in preda a una tempesta, alla continua ricerca di un appiglio, vittima di una fragilità che lo espone alla deriva nell'oceano dell'overload di informazione e al rischio della manipolazione. Non ci sono premesse migliori per forgiare i nuovi consumatori dell'economia dell'attenzione e volontari militanti impegnati nella fabbrica dell'odio e nella guerriglia dell'informazione.

 

SOLITUDINI NELLA MASSA DIGITALE: LA SMILING DEPRESSION

La depressione sorridente è un termine usato per descrivere le persone che sono depresse ma non sembrano tali. In America oggi, il 6,7% della popolazione di età superiore ai 18 anni soffre di depressione maggiore, ed è la principale causa di disabilità nella fascia di età 15-44 anni. L’utente dei social media è condizionato a proiettare sui propri profili digitali solo gli aspetti migliori di sé, anche se non realistici. Indipendentemente dal fatto che se ne renda conto, l’utente social investe molto tempo e sforzi nella creazione e nella coltura della propria identità digitale. La modellazione di questo sé alternativo dipende pesantemente da come gli altri si proiettano in questi ambienti.

I social media mettono a fuoco un aspetto interessante della costruzione di sé e su come questa costruzione influisca sul nostro benessere mentale. Il sé ideale è il sé che aspiriamo ad essere. La propria immagine di sé è la persona su cui effettivamente fondiamo le azioni, i comportamenti e le abitudini. Secondo la teoria della personalità di Carl Rogers, ogni essere umano ha come istinto di base il miglioramento di sé stesso e la realizzazione del proprio pieno potenziale. Come Abraham Maslow, Rogers ha definito questa realizzazione autorealizzazione, stato che si raggiunge quando il sé ideale e l'immagine di sé della persona sono in linea l'uno con l'altro.

L’utente dei social media costruisce e diffonde nell’ambiente digitale un profilo basato su ciò che vorrebbe essere e, soprattutto, su come vorrebbe essere visto dagli altri. Un sé ideale che dunque si fa sé digitale. Un fattore cruciale negli alti tassi di depressione osservati nelle persone social-friendly è l'incoerenza che si osserva tra il proprio sé digitale e la propria immagine di sé. Il desiderio di essere visti positivamente costringe l’utente social-friendly a reprimere le proprie difficoltà, il proprio disagio interiore, le preoccupazioni e i turbamenti. A causa di questo controllo rigoroso sul modo in cui ogni utente è visto, si crea l’inganno collettivo secondo cui che le vite degli altri sarebbero molto migliori della propria.

Dunque l’individuo che vive la propria solitudine nella massa digitale rischia di soffrire di una depressione sorridente caratterizzata dalla mancata realizzazione, cioè dall’evidenza di un’improbabile corrispondenza tra il sé ideale/digitale e l’immagine di sé. Questo contesto ci consegna un individuo mosso da invidia nei confronti della propria medesima proiezione digitale e mosso altresì da invidia degli altri (o meglio delle perfette e false proiezioni dei sé digitali degli altri), un individuo auto indulgente e incapace di gestire le proprie ansie e i propri turbamenti, disfunzione che facilmente viene sfogata negli scatti di ira digitale, con invettive affidate a post, condivisioni, commenti, tweet che avendo alla base la percezione di un’ingiustizia subita, prendono di mira costantemente le figure responsabili o beneficiarie dello squilibrio che causa questa ingiustizia. Politici, vip, persone di successo, minorazne etniche, migranti e cospirazioni di varia natura.   

 

PER UN SUPERAMENTO DELL’INDUSTRIA DELL’OPINIONE PUBBLICA EMOTIVA

La diffusione di Internet, della comunicazione mobile e dei media digitali, assieme a un’ampia serie di piattaforme sociali hanno oramai definitivamente favorito lo sviluppo di reti di comunicazione interattiva e orizzontale in grado di connettere, in qualsiasi momento, il locale al globale. Il sistema di comunicazione della società industriale ruotava attorno ai mass media, caratterizzati dalla distribuzione di massa di un messaggio unidirezionale one-to-many, da uno a molti. Il fondamento comunicativo della network society è costituito dal sistema globale di reti di comunicazione orizzontale, che comprende lo scambio multimodale di messaggi interattivi many-to- many, ossia da molti a molti, sincroni e asincroni. Nel solco della definitiva affermazione di quel paradigma che Manuel Castells definisce mass self communication, facendo proprie queste nuove forme di comunicazione gli individui si sono creati un proprio sistema di mass communication fatto di sms, blog, social network e messaggi scambiati attraverso le più disparate piattaforme di instant messaging. Si tratta di uno spazio comunicativo immenso, internazionale e multilingue. È allora in questo senso che la Rete si configura oggi come il luogo in cui tutti parlano, una stanza dalle dimensioni infinite in cui avviene una privatizzazione della sfera pubblica, generando un intimismo che trasforma i concetti di pubblico e di privato. Un serbatoio immenso di contenuti e notizie, dove però appare sempre più complicato verificare la veridicità e l’autorevolezza, sovvertendo de facto ogni regola del sistema informativo tradizionale. Se allora consideriamo la sfera pubblica come quello spazio in cui si forma l’opinione pubblica, cercare di inquadrare la dinamica in atto all’interno del più ampio contesto dell’infosfera può rivelarsi utile per leggerne le principali trasformazioni. In questo senso la definizione dell’attuale stato di auto-percezione e consapevolezza degli utenti che popolano quell’ambiente, è in grado di produrre proiezioni predittive sui meccanismi di generazione di senso comune e di costruzione degli immaginari collettivi ed individuali.

Nell’ultimo anno abbiamo assistito al disvelamento di una realtà preoccupante: la capacità dei padroni del vapore della rete di orientare l’opinione pubblica e la definizione di un modello di business incentrato sulla vendita di questo servizio ad acquirenti di ogni tipo, da multinazionali interessate a ottimizzare la vendita di un prodotto fino a governi interessati ad influenzare risultati elettorali nei paesi nei quali hanno interessi strategici da perseguire. In questo senso è illuminante il testo recentemente pubblicato da Jaron Lanier, Ten arguments for deleting your social media accounts right now. Mark Zuckerberg ha dato per scontata la frammentazione degli utenti della Rete in una miriade di comunità elettive, e ci ha spiegato che un atteggiamento politicamente corretto codificato in policies, che dia ai proprietari del social network il potere di bloccare l’accesso agli haters, fosse la risposta alla formazione di imprenditori dell’odio. L’approccio di Zuckerberg non può che essere quello di un’industria dell’opinione pubblica che ha costruito il proprio potere mantenendo saldamente il ruolo di gatekeeper e custode del vero e del moralmente accettabile.

La liberazione degli ambienti digitali e la costruzione di processi di partecipazione e di rigenerazione della democrazia passano inevitabilmente dallo sviluppo di una critica a questa nuova economia dell’opinione pubblica emotiva. Tutto quello che c’è oggi in termini di partecipazione è e non può essere altro che sfruttamento incontrollato dei meccanismi deteriori per la produzione di aggregazione e consenso da vendere al miglior offerente. Sviluppare un pensiero critico in grado di proporre una costituzione che delinei i diritti, i doveri, i limiti e i compromessi necessari alla convivenza civile nella piazza digitale, sono i primi passi poter trasformare l’attuale oligarchia digitale in una vera democrazia.

Un tempo interessante, in cui vale la pena impegnarsi con consapevolezza e farsi trovare pronti portando con sé alcune delle regole che il prof. Eugenio Iorio ha recentemente riadattato dalle regole preziose di Jean Baudrillard:

 

- Non separarsi mai dalla sensibilità e dall'intelligenza.

- Manifestare solo pensieri futuribili.

- Passare il tempo a smontare e rimontare il mondo.

- Non perdere mai di vista la presenza del dubbio.

- Applicarsi con una logica implacabile a seguire l'evento per analizzarne immediatamente il contrario.

- Continuare a essere brillanti, seducenti, immaginativi, allegorici e violentemente innamorati.

- Ricordarsi di spegnere lo schermo, respirare e vivere.

 

[1] Gustave Le Bon,Psychologie des foules, 1895

Pubblicato da : tommaso giuntella, rightslider

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